Yogurt, miso giapponese, sottaceti, kimchi coreano, crauti, cioccolato, kefir, aceto, tempeh, sidro, birra, salsa di soia, kombucha. Ma anche pane, vino e formaggi, protagonisti indiscussi della nostra tradizione culinaria.
Cos’hanno in comune alimenti così diversi per gusto, profumo e origine?
Una sola cosa: la fermentazione. Significa che durante la loro preparazione intervengono alcuni microrganismi che ne alterano proprietà, consistenza e… longevità. È una delle tante cose che accadono sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni e che, perché invisibile, ignoriamo. Eppure permea il nostro mondo.
Gli alimenti fermentati fanno parte della cultura gastronomica di tutte le popolazioni e ne hanno, con ben poca umiltà, segnato la storia. E sì, hanno proprio il sapore di casa.
Ma cos’è la fermentazione dal punto di vista scientifico? Com’è arrivata sulle nostre tavole?
BREVE STORIA DELLA FERMENTAZIONE
La fermentazione è una tecnica antichissima usata per conservare gli alimenti che, al contempo, permette di crearne di nuovi. È una delle tante scoperte avvenute per caso e di cui abbiamo sfruttato i vantaggi per millenni senza realmente capirne i perché. A fronte dei suoi meccanismi rimasti a lungo oscuri, la varietà di cibi che abbiamo prodotto grazie alla fermentazione è immensa e si applica a materie prime anche molto diverse tra loro.
Nel corso della storia, fin dai tempi di sumeri ed antichi egizi, l’uomo ha osservato che in alcuni casi lasciare riposare, “invecchiare” i cibi, permetteva loro di durare molto più a lungo mantenendo un sapore gradevole. Fermentare il latte per trasformarlo in yogurt e formaggi, appendere la carne in grotta per farne salumi la cui la putrefazione viene inibita. Osservazioni inizialmente empiriche che nei millenni, grazie alla tecnologia ed alle scoperte scientifiche, abbiamo indirizzato e controllato per far sì che queste trasformazioni ci restituissero anche sapori sempre più desiderati, ricercati.
Certo non tutte le fermentazioni sono positive: quelle incontrollate fanno marcire gli alimenti, li rendono tossici.
Ed è curioso, pensateci: è proprio grazie ad un uso oculato di alcuni microrganismi che possiamo impedire agli altri di danneggiare i cibi.
A svelare i misteri che si celano dietro i processi fermentativi è il chimico e microbiologo francese Louis Pasteur, che attorno al 1860 comprende il ruolo dei microrganismi in questo processo. L’esistenza dei batteri era già nota ai suoi tempi, ma si pensava che i processi di degradazione della materia avvenissero in modo spontaneo, a causa di reazioni chimiche che nulla avevano a che fare con la biologia. Pasteur ribaltò quindi il paradigma, individuando in questi organismi la causa del processo. Il resto, come si suol dire, è storia.
Con le scoperte scientifiche degli ultimi secoli oggi conosciamo e riproduciamo i processi fermentativi nell’industria. La controlliamo, cioè, in modo molto preciso.
Il termine fermentazione deriva dal verbo latino fervēre, ribollire, usato per descrivere il comportamento del mosto nella vinificazione. Per via dello sviluppo di gas, si sviluppavano bollicine che davano al vino un aspetto effervescente! La produzione di bevande e cibi fermentati ha però origine ben prima della civiltà romana: diversi reperti sumeri, egizi e babilonesi ci rivelano che la produzione di pane e birra avveniva già all’epoca. |
Ma cosa avviene durante i processi di fermentazione? Chi ne è responsabile?
LA SCIENZA DELLA FERMENTAZIONE
Come accennato, a dare origine ai processi di fermentazione sono dei microrganismi. Stiamo parlando nello specifico di lieviti – funghi unicellulari – e batteri.
I microrganismi sono la forma di vita più diffusa e diversificata presente sul nostro pianeta. Sono capaci di adattarsi ed evolversi velocemente e colonizzano tutti gli ecosistemi che ci circondano. Anche quelli più strani e che non immaginiamo ospitali, come i deserti e i laghi acidi. Crescono su di noi e dentro di noi, costituendo il microbiota umano. Riuscite a pensare che ci sono dieci volte più microrganismi nel nostro corpo che cellule umane? Il rapporto sembra essere di 10 a 1.
E sono validi alleati: costituiscono la flora batterica intestinale, che ci aiuta a digerire, vivono sulla nostra pelle proteggendoci dai patogeni, sono nei nostri organi genitali per garantire il giusto pH. Hanno un’incidenza su molti degli aspetti della nostra vita, anche il sonno. Insomma, sono ovunque.
In generale, i microrganismi si riproducono per via fermentativa. Batteri e lieviti sono in grado, con i loro enzimi, di demolire le sostanze organiche come gli zuccheri in molecole più semplici. Ciò che fanno in buona sostanza è nutrirsene, e per farlo liberano l’energia che era immagazzinata in queste molecole così che sia disponibile per la loro sopravvivenza e crescita. Una volta processati i nutrienti, rilasciano delle molecole di scarto che hanno diverse conseguenze sull’alimento e, successivamente, nel nostro organismo. Sono proprio queste molecole a rendere possibile la fermentazione!
GLI EFFETTI DELLA FERMENTAZIONE SUL CIBO
Si possono avere diversi processi fermentativi in base alle condizioni di partenza, che implicano:
– tipo di batterio o lievito
– natura del substrato di cui si alimenta
– presenza o meno di ossigeno
– temperatura
– pH
Al variare delle condizioni, cambia il risultato. Teniamo presente che l’argomento è complesso e molto variegato: per il solo pane sappiamo bene quanto cambino sapori e consistenze, alveolature e profumi, al solo variare del tipo di farina e della presenza di glutine al suo interno, ad esempio. Immaginiamo questa complessità considerando tutte le variabili: quanti possibili risultati otterremmo? Ora moltiplichiamo il discorso per tutti gli alimenti e le materie prime che è possibile fermentare. Ognuna è un piccolo universo capace di generare un poliedro di sapori.
Semplificando di molto, gli effetti finali sull’alimento interessano:
Gusto/odore
Basti pensare a quanto cambia il latte una volta trasformato in un formaggio come il gorgonzola, il taleggio o il parmigiano. Chi più chi meno abbiamo tutti assaggiato sia la materia prima, che non ha subito trasformazioni, sia quella fermentata. Il cambiamento è così radicale che, se non ce lo dicessero, non saremmo in grado di risalire al latte a partire da uno di questi formaggi dal sapore forte… e forse nemmeno dallo stracchino. Ora provate a pensare lo stesso con alimenti dal sapore acido come i crauti o il kimchi. La vista ci aiuta a distinguere la natura delle verdure che li compongono, ma il sapore le tradisce. Microrganismi e molecole trasformano gusto e odore degli alimenti fermentati dando vita a mondi totalmente nuovi.
Tempo di conservazione
Prima dell’avvento del frigorifero, delle tecnologie alimentari, delle coltivazioni intensive ed estensive e dell’abbondanza di cibo, la sopravvivenza passava anche attraverso le scorte. Chi riusciva a mettere da parte abbondante cibo in previsione di periodi di siccità o di freddo intenso aveva più probabilità di superare i momenti climaticamente difficili. La fermentazione, insieme ad altri metodi di conservazione come essiccazione e salagione, ha decretato il successo e il declino di individui ed intere famiglie. A seconda dell’alimento e della fermentazione avvenuta al suo interno, il tempo di vita cambia di moltissimo. Il parmigiano reggiano può durare anni mentre il gorgonzola, anche in frigo, una volta aperta la forma avrà una vita più breve. Nonostante questo ne sarà valsa la pena eh, non ci piove, perché rispetto al latte fresco la sua vita si è già allungata di moltissimo.
Numero di fermenti
La replicazione dei microrganismi responsabili della fermentazione dà come risultato un alimento ricco di fermenti, un modo amichevole di chiamare i batteri. Va fatta una distinzione importante a questo punto, perché ci sono alimenti che sono ottenuti per fermentazione ma che non contengono poi microrganismi vivi al loro interno. È il caso del pane, che si avvale della capacità lievitante del Saccharomyces cerevisiae ma che, quando lo mangiamo, non ne contiene in forma vitale. Viene infatti ucciso durante la cottura, per via delle alte temperature dei forni. È anche il caso della birra, della salsa di soia e molti altri alimenti. Per questioni di sicurezza alimentare molti prodotti ottenuti per fermentazione subiscono infatti processi di pastorizzazione prima di essere immessi sul mercato.
Altri alimenti come yogurt, formaggi e alcune verdure fermentate, si possono trovare in forma vitale ma non è detto: anche questi prodotti possono subire processi di pastorizzazione o in generale sterilizzazione per questioni di sicurezza alimentare. Prendiamo quindi con le pinze le definizioni generali.
PREBIOTICI, PROBIOTICI e POSTBIOTICI
Quando si parla di microrganismi contenuti nei cibi e loro effetti, vengono spesso usati termini perfetti per il marketing, ma difficili da interpretare correttamente. Facciamo chiarezza:
Prebiotici: sono costituiti da fibre non digeribili di origine alimentare che favoriscono la crescita e l’attività di una o più specie batteriche benefiche presenti nell’intestino perché fungono da nutrimento. I prebiotici si trovano in determinati alimenti come cereali integrali, legumi, ortaggi come asparagi, carciofi, cicoria, cipolla, ma anche latte e yogurt.
Probiotici: sono microrganismi “vivi” presenti anche nel tratto intestinale, come batteri e lieviti, di cui esistono decine di specie diverse. Sono normalmente presenti nel nostro intestino e quando ingeriti, hanno la capacità di sopravvivere al tratto gastrointestinale. Hanno un effetto benefico per la salute perché combattono i microrganismi patogeni e aiutano la digestione. Esempi di batteri probiotici sono Bifidobatteri e i Lattobacilli, anche chiamati fermenti lattici. Oggi li troviamo presenti in diversi alimenti funzionali, come i latti fermentati. I fermenti lattici si possono anche trovare in alimenti di origine vegetale, dai crauti, al miso, al tempeh al tè kombucha.
Postbiotici: Sono gli stessi microorganismi inanimati o loro componenti (cellule, enzimi, acidi grassi ecc…) rilasciati durante il loro processo fermentativo. Nonostante siano inattivi, svolgono un ruolo per il benessere dell’ospite. Queste molecole sono tante e hanno differenti proprietà chimiche. Vengono rilasciate all’esterno della cellula formando un gruppo eterogeneo di sostanze: enzimi, frammenti di parete cellulare e acidi grassi. Nel nostro corpo possono agire sul sistema immunitario andando a modificare la flora dei batteri intestinali. Aiutano a modulare la risposta immunitaria.
FERMENTAZIONI FAMOSE
Senza pretendere di sviluppare in modo approfondito l’argomento, vediamo alcune delle fermentazioni che avvengono nei cibi che consumiamo abitualmente.
FERMENTAZIONE ALCOLICA
Avviene in assenza di ossigeno a opera di Saccharomyces cerevisiae, il famosissimo lievito di birra che tutti conosciamo. Un piccolo esercito di lieviti si nutre degli zuccheri presenti nei cereali, nel caso della birra, o dell’uva nel caso del vino, per produrre come materiale di scarto alcol etilico, o etanolo, e anidride carbonica. Non è possibile parlare di birra e vino e ridurre la loro produzione, il loro profumo e il loro sapore a quest’unica reazione, naturalmente. Oltre al lievito sono presenti altri microrganismi di diversa natura sulla buccia degli acini e, come per tutti gli alimenti dai sapori complessi, è la varietà di fattori a definire il prodotto finito.
Vi ho fatto l’esempio di birra e vino, ma a dire il vero molto dell’etanolo che troviamo nei superalcolici viene prodotto in industria. Può avvenire per via sintetica, a partire da una molecola chiamata etilene, o per via… fermentativa. In questo caso parliamo di enormi bioreattori contenenti microrganismi che digeriscono zuccheri e producono etanolo!
FERMENTAZIONE ACETICA
Consiste nell’ossidazione dell’etanolo in acido acetico. È operata da batteri, in particolare appartenenti al genere Acetobacter, in presenza di ossigeno. È ciò che accade quando il vino si rovina e diventa… aceto! Gli acetobatteri consumano l’ossigeno presente nell’ambiente circostante e producono anidride carbonica.
YOGURT
È latte fermentato dai batteri lattici Lactobacillus bulgaricus e Streptococcus thermophilus, nostri amici ed inquilini. Utilizzano il lattosio, lo zucchero del latte, come nutrimento. Come prodotto della digestione generano acido lattico, che influisce sul sapore e provoca la coagulazione del latte: ecco spiegata la caratteristica consistenza dello yogurt! Parallelamente avvengono altre reazioni biochimiche, anche a carico delle proteine, con formazione di composti importanti a livello nutrizionale: aminoacidi liberi, vitamine, ecc.
CACAO E CAFFÈ
Non tutti sanno che le fave di cacao i chicchi di caffè, quindi i loro semi, dopo la raccolta sono sottoposti a un periodo di fermentazione portata avanti da batteri e lieviti naturalmente presenti e/o aggiunti. Questi microrganismi fermentano zuccheri e altre sostanze producendo i precursori degli aromi che poi si svilupperanno nella fase di tostatura e che conferiscono a cacao e caffè i profumi e sapori che tanto amiamo.
Ci sarebbero moltissime altre fermentazioni da raccontare, ma non abbiamo tempo e modo di farlo qui. Passiamo invece all’ultimo argomento importante da trattare, che riguarda il nostro benessere
FERMENTI E SALUTE
Negli ultimi anni assistiamo alla moda dei cibi fermentati, che stanno prendendo piede in diverse forme e hanno scollinato i nostri confini arrivando da tutto il mondo. È il caso del kimchi, cavolo fermentato piccante coreano, ma anche del miso giapponese, ottenuto a partire da soia e koji, una muffa commestibile che viene fatta crescere sul riso. E poi il tempeh, che viene fatto con soia gialla e un’altra varietà di muffa ed è usato in cucina come sostituto della carne. Di prodotti ce ne sono moltissimi e l’interesse sul mercato sta toccando vette altissime. Se ci piace il sapore di questi prodotti, siamo nel loro periodo d’oro!
C’è un piccolo ed importante ma in questo scenario: capita frequentemente di veder associato il termine fermentato a benefici esagerati per la salute. Proviamo a fare chiarezza su questa presunta connessione, usatissima da chi si occupa di pubblicità e che spinge più consumatori all’acquisto.
Cosa c’è di vero: i batteri che operano la fermentazione sono in grado di produrre vitamine e altre sostanze necessarie al nostro organismo. Aiutano anche il nostro microbiota a mantenersi ricco ed in salute, e al contempo sfavoriscono la sopravvivenza di ceppi batterici patogeni. Un microbiota sano è in grado di modulare il nostro sistema immunitario.
Cosa non è chiaro: un microbiota in equilibrio sembrerebbe contrastare la comparsa di numerose malattie nell’uomo: il diabete, la pressione alta, il cancro della vescica.
Guida alla lettura di queste informazioni
I dati che la ricerca sta raccogliendo sui cibi fermentati sono da prendere con estrema cautela. Gli stessi autori degli articoli che parlano di risultati promettenti ammettono infatti che prima di arrivare a indicazioni per il pubblico chiare e definitive occorrono ulteriori prove da ricerche metodologicamente robuste. Infatti, gli studi condotti sull’argomento sono di tipo osservazionale: non possono dare indicazioni su un rapporto causa–effetto.
Teniamo presente che per avere un effetto misurabile sul nostro corpo questi alimenti dovrebbero contenere microorganismi ad alta concentrazione, ma questo dato difficilmente viene riportato sulle confezioni di cibo. Infine, i ceppi di batteri dovrebbero essere vivi ma come abbiamo detto prima non sempre sono tali… e per buone ragioni.
L’ultima e fondamentale considerazione sul tema riguarda poi l’alimentazione nel suo complesso. Il rischio più grande nel prendere per veri questi studi è duplice:
- potremmo sbilanciare la nostra alimentazione pensando che questi alimenti in qualche modo controbilancino le cattive abitudini, che nel frattempo potremmo aumentare
- togliamo il focus da ciò che è più importante: lo stile di vita nel suo complesso.
La nostra alimentazione in generale dovrebbe basarsi su frutta, verdura, cereali, latticini e legumi. I cibi fermentati sono buoni e possono aiutarci a stare bene, ma come ogni alimento sono solo una piccola parte del totale. Non possono né devono promettere miracoli e vanno considerati sempre e comunque all’interno di un contesto generale ampio di concetto di salute, che abbraccia anche l’attività fisica.
Quindi cibi fermentati assolutamente sì, ma consideriamoli nel modo corretto e ridimensionato che meritano.
FONTI
– Jakubczyk KP et al., Characteristics and biochemical composition of kombucha – fermented tea, Med Og Nauk Zdr., April 2020
– Lehninger A. L., Principi di biochimica (Zanichelli)
– Montanari G., Omnia Fermenta (Chiriotti Editori)
– Reade et al., Fermentation art and science at Nordic Food Lab, capitolo in The Routledge handbook of sustainable food and gastronomy (Routledge)
– Galasso L., Lievito (Saccharomyces cerevisiae) e società umana, www.antropologialimentare.it
– https://dottoremaeveroche.it/cibi-fermentati-fanno-bene-a-salute-e-batteri-intestinali