Il latte è un alimento versatile e completo, presente nella dieta umana da millenni ed è prezioso per la crescita e lo sviluppo dei mammiferi di tutte le specie. È ampiamente utilizzato in cucina nella produzione di diversi alimenti, che sono amati da bambini e adulti di una bella fetta di globo. D’altro canto, le opinioni sul consumo del latte sono spesso oggetto di dibattiti: consumare latte in età adulta… è naturale?
Oggi ci tuffiamo in una tazza di latte per scoprire la ricchezza dei suoi elementi nutritivi e facciamo chiarezza una volta per tutte su questo quesito.
Latte al microscopio: di cosa è fatto?
Dal latte si ottengono squisite prelibatezze, come panna, mascarpone e burro. A partire da esso si possono poi produrre centinaia di formaggi diversi, ognuno con le sue particolari percentuali di componenti, profumi, consistenze e stagionature.
Curiosi di sapere come si fa il formaggio? Ho provato a fare il formaggio in casa ed è stato divertentissimo, vi consiglio di darci una sbirciata! Mille prodotti e un solo ingredienti di partenza: il latte. Ma come è fatto il latte? Cosa c’è dentro? Innanzitutto, dobbiamo scegliere: di che latte parliamo?
Come ben sappiamo, esso può infatti avere varie origini e ottimi formaggi si ottengono sia dal latte di vacca sia da quello di pecora e capra. In questo articolo parliamo di quello oggi più consumato: il latte di vacca.
Composizione del latte
Esploriamo la composizione di questa pregiata bevanda. L’acqua rappresenta la componente predominante, costituendo circa l’87% del totale. È il nutrimento dei cuccioli, che devono innanzitutto idratarsi. C’è poi la parte solida, che costituisce il rimanente 13%. Qui sono concentrati i veri e propri nutrienti, che rendono il latte prezioso per la crescita dei cuccioli di tutte le specie di mammiferi finchè non raggiungono l’età dello svezzamento.
Il ricco profilo nutrizionale del latte comprende grassi, carboidrati, proteine, vitamine e sali minerali. Tra di essi, il 3,7% – 5% è costituito da grassi, mentre il resto rappresenta solidi non grassi. In particolare il lattosio, lo zucchero presente nel latte, rappresenta circa il 5% della sua composizione totale. È importante sottolineare che il lattosio è l’unico zucchero di origine animale: tutti gli altri zuccheri provengono da fonti vegetali. È una preziosa fonte di energia.
Le proteine (3,3%) costituiscono un altro elemento fondamentale del latte e si distinguono in caseine e sieroproteine. Le caseine, unite tra loro da legami di calcio, si trovano sospese nel latte all’interno di strutture chiamate micelle. Durante il processo di produzione dei formaggi, quando si caglia il latte, le caseine rimangono intrappolate e vanno a far parte del formaggio, mentre ciò che rimane è il siero ricco di sieroproteine. Questo siero rappresenta anch’esso una fonte di nutrimento e può essere utilizzato per abbeverare il bestiame. Oppure, portandolo nuovamente ad alta temperatura e aggiungendo aceto o succo di limone, le sieroproteine coagulano e danno origine alla prelibata ricotta.
Al microscopio
Abbiamo dunque visto che il latte è composto da grassi, proteine, carboidrati, vitamine, sali minerali ed acqua, un alimento davvero completo insomma.
Aumentiamo l’ingrandimento ed entriamo nel magico mondo delle micelle di caseina e dei globuli di grasso omogeneizzati, che si trovano in soluzione nel latte, separati tra loro. La struttura del latte è complessa, e per far coesistere armoniosamente le sue componenti disciolte si formano strutture specializzate. Sono le micelle, che nominavo poco più su. Infatti, nella parte acquosa del latte ci sono vitamine, sali minerali, sieroproteine e zuccheri che riescono a disciogliersi, mentre caseine e grassi non ci riescono e si dice, perciò, che sono idrofobi.
Ma cos’è una micella? Possiamo immaginarla come una bolla, i cui bordi sono composti da particolari molecole chiamate fosfolipidi. Essi riescono a non far toccare la parte acquosa del latte e le componenti dei grassi in esse nascoste. I fosfolipidi svolgono il ruolo di emulsionanti, tensioattivi – un po’ come il sapone – rendendo tutte le sue componenti omogenee anche se per natura tenderebbero a separarsi come olio in un bicchier d’acqua.
Il sapore del latte è il risultato magico della fusione di tutte queste componenti tenute insieme a formare a tutti gli effetti un’emulsione omogenea! Esso varia da latte a latte a seconda dell’età dell’animale, della sua alimentazione, dell’ambiente in cui vive. Provate il latte di malga… e mi direte se è lo stesso che comprate al supermercato!
I grassi e le proteine del latte
Passando ai grassi del latte, scopriamo una certa varietà di acidi grassi, come l’acido butirrico, l’acido oleico e l’acido palmidico. Questi grassi si presentano in diverse forme, alcuni parzialmente cristallizzati, e fluttuano come maestose cellule di grasso eterogenee all’interno del magma semisolido del latte.
Accanto a questa scenografia di grassi troviamo le caseine, una famiglia composta da più proteine diverse. Due di esse, alfa e beta caseine, non possono toccare l’acqua. Le k-caseine, loro sorelle meno timide, hanno delle porzioni nella loro struttura che possono usare come schermo e così… si mettono attorno alle alfa e beta caseine, formando così una bolla protettiva. All’interno, tra le caseine si formano dei legami di calcio che rendono più solido questo aggregamento. Quando viene aggiunto un acido o un agente cagliante, i legami di calcio si rompono e le proteine precipitano.
Il latte è un universo di meraviglie nascoste alla nostra vista, dove i dettagli più sottili si svelano solo attraverso l’analisi microscopica. Questo complesso balletto di elementi è ciò che rende il latte un alimento tanto unico quanto affascinante, ispirando costanti ricerche e studi per svelarne tutti i segreti nascosti.
I diversi tipi di latte: crudo, UHT, intero, scremato e parzialmente scremato
Al supermercato, nell’apposito reparto, ci troviamo di fronte un’ampia varietà di latti tra cui scegliere. Ognuno ha le sue specifiche caratteristiche: abbiamo latte scremato, parzialmente scremato e intero a indicare una differenza nel contenuto di grassi; abbiamo poi diverse opzioni che si caratterizzano per trattamento termico come il latte UHT, microfiltrato, pastorizzato e crudo.
Vediamole meglio.
Il latte crudo è quello che non è stato sottoposto a pastorizzazione, un trattamento termico utilizzato per eliminare i batteri patogeni. Di conseguenza, il latte crudo può contenere sia batteri benefici che potenzialmente nocivi. La probabilità di incorrere in un patogeno è generalmente bassa, in quanto se conservato correttamente in frigorifero, le basse temperature bloccano la proliferazione dei batteri. Questo significa che, se vi fossero, il loro impatto sul sistema immunitario delle persone in buone condizioni di salute sarebbe nella maggior parte dei casi gestibile e limitato. Tuttavia, nel 2010 ci sono stati alcuni casi di infezione gravi che hanno portato il Ministero a introdurre l’obbligo di apporre la dicitura “da consumarsi previa bollitura” sulle bottiglie di latte crudo. Con la bollitura, il rischio diventa praticamente nullo.
Nel processo di pastorizzazione, il latte viene riscaldato a temperature specifiche, di solito tra i 70 e i 75°C per un periodo di tempo di 10-15 secondi. Tanto basta per uccidere i batteri patogeni senza però eliminare molti altri microrganismi presenti. Il latte pastorizzato, che è quello che comunemente troviamo nei frigoriferi dei supermercati, ha una durata più lunga rispetto al latte crudo. Contenendo comunque un certo quantitativo di microrganismi, se lasciato fuori dal frigorifero per un periodo prolungato tende a cagliare e deteriorarsi, poiché i batteri lattici presenti iniziano a fermentare il lattosio, abbassando il pH e causando la coagulazione del latte.
Il latte UHT (Ultra High Temperature) subisce un trattamento termico ancora più intenso, superando i 130 gradi per pochi secondi ed eliminando così tutti i microrganismi presenti. Questo processo, pur garantendo la conservazione a temperatura ambiente, può comportare una leggera alterazione delle proteine e degli zuccheri del latte influenzando lievemente il suo sapore, che può sembrare più “cotto”. Non pensiate però che questo latte sia in qualche modo poco nutriente: le alte temperature permettono comunque di preservare i suoi valori nutritivi.
Oltre a queste diverse varianti di trattamento, possiamo suddividere il latte in tre categorie principali, principalmente in base al contenuto di grassi:
- Latte intero: contiene almeno il 3,5% di grassi.
- Latte parzialmente scremato: contiene da 1,5% a 1,8% di grassi.
- Latte scremato: ha un contenuto di grassi inferiore al 0,5%.
Scegliere il tipo di latte più adatto alle proprie esigenze e preferenze è una decisione personale, ma indipendentemente dalla scelta, il latte rimane un’ottima fonte di nutrienti.
Che cos’è la pellicina del latte?
La pellicina del latte non è altro che il frutto della coagulazione delle sieroproteine! Con l’aumentare delle temperature dovute alla cottura, esse perdono la loro struttura e diventano… un foglio sottile e concentrato di proteine, in pratica. Niente di cui schifarsi vista così, vero?
Bere latte da adulti è naturale?
Il latte è al centro di discussioni e opinioni discordanti da decenni, alimentare da articoli “scientifici” reperiti da sedicenti esperti che millantano la detenzione di segrete verità. È il momento di fare chiarezza!
Da molti anni si discute su questo tema, ma perché accade?
Prima abbiamo detto che il latte è un alimento completo, e che il suo scopo primario è di nutrire i cuccioli. Ciò che fa sorgere dubbi e critiche al consumo di latte è proprio in fondo all’ultima frase: i cuccioli. Infatti, in tutte le specie animali che si nutrono di latte, una volta avvenuto lo svezzamento ci si nutre di altro. Gli esseri umani sono gli unici mammiferi che continuano a nutrirsi di latte anche dopo lo svezzamento. E non latte umano, ma appartenente a un’altra: quella bovina.
Non è allora difficile capire perché nell’immaginario collettivo scattino timori e dubbi.
“Farà male? Siamo adulti e questo prodotto è di vacca dopotutto. È innaturale!”
“Non so, ho letto in giro che non possiamo digerirlo, che è velenoso”
Facciamo chiarezza.
Innanzitutto, come facciamo da bambini a digerire il latte?
Grazie ad un enzima che, guarda la fantasia, si chiama lattasi e che sì, digerisce il lattosio. Lo scinde nelle sue componenti fondamentali, glucosio e galattosio, che vengono assorbiti dal nostro corpo ed utilizzati come energia. Questo enzima viene codificato da un gene che verso i 5 anni si “spegne”. Di conseguenza la lattasi non viene più prodotta e il lattosio arriva nell’intestino, dove il microbiota se ne nutre producendo gas e provocando tutte le conseguenze spiacevoli che affliggono gli intolleranti.
Ma è davvero così?
Buona parte della popolazione mondiale è, in effetti, intollerante al lattosio.
Ma che dire di coloro che invece possono digerirlo?
Un terzo della popolazione mondiale ha la cosiddetta “persistenza della lattasi”: in questi individui il gene che produce l’enzima lattasi non si spegne dopo lo svezzamento e continua a permettere la digestione del lattosio.
Un terzo della popolazione mondiale, mica bruscolini! Non possiamo ignorare questo fondamentale dato che, infatti, è stato ed è ancora oggi oggetto di ricerca. Vediamo cosa abbiamo scoperto in merito.
Durante gli studi specifici su questo gene, gli studiosi si sono accorti di una cosa molto interessante: la popolazione mondiale che continua ad esprimere questo gene non è distribuita omogeneamente nel mondo.
Le regioni orientali del mondo, come Asia e Oceania, hanno una percentuale altissima di intolleranti al lattosio, mentre Europa e Nord Africa sono ricche di individui che possono digerirlo. In generale, possiamo dire che a Nord del mondo è più facile trovare popolazioni che digeriscono latte mentre è man mano meno probabile mentre ci spostiamo verso il Sud del mondo.
Perché questa distribuzione?
Negli anni 2000 sono state scoperte delle mutazioni genetiche presenti nella parte di popolazione che digerisce il latte. Queste mutazioni portano il gene responsabile della lattasi a non spegnersi, permettendo così a chi ha queste mutazioni di continuare a bere latte senza problemi digestivi. La cosa interessante è che sono state scoperte diverse mutazioni, avvenute in luoghi diversi del mondo, che hanno però portato allo stesso effetto finale: poter digerire il latte anche in età adulta.
Questo ci suggerisce qualcosa di molto importante, che ci fa riflettere su cosa possiamo ritenere “naturale” o meno. Gli eventi ambientali influiscono sulla selezione, che apporta mutazioni casuali. Gli individui che, mutando, si adattano meglio, hanno maggiore probabilità di sopravvivere e riprodursi. Nelle zone in cui si sono tramandate queste mutazioni, che condizioni troviamo? Una cultura ed una tradizione fatta di allevatori di bestiame, che talvolta aveva minori disponibilità di altri tipi di cibo. I paesi nordici, ad esempio, non potevano contare su grandi varietà e quantità di frutti, verdure e cereali soprattutto nei periodi invernali. La possibilità di avere bestiame e cibarsi di latte è stata probabilmente fondamentale per loro.
In generale, questa mutazione si trova proprio in quelle popolazioni che hanno una tradizione ad allevamento e pastorizia. È proprio qui che viene selezionata questa mutazione come vincente: perché fa la differenza.
Altra considerazione: diversi studi hanno portato a comprendere che prima dell’allevamento del bestiame, l’essere umano non era in grado di digerire il latte. Dopotutto, cosa ce ne saremmo fatti di quella mutazione? È possibile si sia verificata casualmente, ma che non sia poi stata selezionata e tramandata perché non costituiva molti vantaggi.
Poi, però, abbiamo iniziato ad allevare. Dapprima il bestiame serviva a produrre carne e derivati del latte come burro e formaggi, che avevano poco lattosio. La mutazione della persistenza della lattasi è apparsa casualmente – mantra: le mutazioni avvengono SEMPRE casualmente – in individui che hanno poi fatto uso di latte, e… magia. Tutto ha funzionato. Nessun problema intestinale! Di conseguenza, questi individui hanno vissuto più a lungo e si sono riprodotti con maggior successo, hanno patito minori problemi di malnutrizione et voilà. Nel giro di poco, in queste popolazioni di allevatori la mutazione è diventata predominante.
Cosa possiamo dedurre da questo concatenamento di eventi?
Che l’adattamento a digerire il latte anche da adulti è stato parte della nostra naturale evoluzione. Si è rivelato conveniente saperlo fare, ed è un perfetto esempio di selezione naturale di Darwin. Che, tanto innaturale beh… non è 😉
Siamo giunti alla conclusione di questo articolo, in cui abbiamo analizzato il latte al microscopio osservandone le componenti, le diverse tipologie e su quale base vengono classificate. Abbiamo poi affrontato l’annosa questione della “naturalezza” del suo consumo e scoperto che l’evoluzione segue strade a volte sorprendenti. E per chi non ha la fortuna di possedere la mutazione della persistenza della lattasi beh… c’è pur sempre il latte senza lattosio.
Buon bicchiere di latte a tutti!