Immagina che qualcuno ti proponga: “Ti do 100 euro se mangi questo cibo, ma sappi che ha dentro miliardi di batteri e muffe”. Non so voi, ma io esiterei un po’ e probabilmente rifiuterei l’offerta! Eppure, se la stessa persona mi offrisse un assaggio di Gorgonzola, quello bello cremoso, beh: mi ci fionderei al volo. Eppure, si tratta della stessa cosa.
I formaggi sono il capolavoro dei microrganismi. Comunità di microbi diversi per natura, forma e dimensioni vivono insieme e collaborano nel trasformare le proteine del latte in una incredibile varietà di formaggi, ognuno con sapori e odori caratteristici.
C’è da dire che i formaggi erborinati, capitanati in Italia dal gorgonzola, non incontrano il gusto proprio di tutti. Scommetto che anche tra voi che avete letto il primo paragrafo di questo articolo c’è qualcuno che non si fionderebbe sul gorgonzola, ma ne starebbe decisamente alla larga. In effetti, il sapore piccante e l’odore molto intenso di questo formaggio sono troppo forti per certi palati. Ma da dove arrivano questi profumi e questi aromi?
Indice articolo
I formaggi erborinati, cioè quelli screziati da venature verdi o azzurre (da cui il nome inglese di blue cheese), sono formaggi di tipo stracchino che vengono fatti stagionare per 50 o più giorni, e che hanno la particolarità di ospitare delle muffe. Sono muffe buone, desiderate, perché sono le responsabili di tantissime trasformazioni biochimiche che rendono il formaggio saporito e odoroso.
Una delle più famose muffe ospitate nei formaggi erborinati è Penicillium roqueforti, che viene impiegata proprio per la produzione del gorgonzola, del suo cugino francese, il roquefort, e degli altri formaggi di questa categoria.
La cosa curiosa è che in origine queste muffe arrivavano a “contaminare” i formaggi in modo spontaneo, perché magari li si lavorava o li si metteva a stagionare in grotte o altri luoghi umidi che favorivano la crescita di questi microscopici funghi filamentosi. Oggi invece non lasciamo più al caso la colonizzazione delle forme e la maturazione del formaggio, ma le muffe sono selezionate in modo molto preciso, controllando bene che solo quelle desiderate siano presenti, e le loro spore vengono inoculate nel latte (prima o dopo la coagulazione) in modo da essere sicuri che siano presenti nel prodotto finito e che conferiscano sempre le stesse caratteristiche organolettiche in modo riproducibile.
Le forme che sono in maturazione vengono poi punzecchiate con lunghi chiodi metallici. Non per violenza, eh, ma per permettere all’aria di entrare fino al cuore delle forme e di creare così un ambiente adatto alla crescita delle muffe.
Insieme alle muffe, nei formaggi erborinati crescono anche batteri. Questi batteri degradano quasi tutto il lattosio durante la lunga stagionatura, rendendo così gli erborinati adatti anche a chi è intollerante a questo zucchero naturale.
Altre muffe di interesse lattiero-caseario le troviamo su un secondo tipo di prodotti, i cosiddetti formaggi “a crosta fiorita”. Questi formaggi, come il Brie e il Camembert, sono ricoperti da una peluria bianca di muffa, il Penicillium camemberti, che è sicura per l’alimentazione (infatti la crosta del Brie si può mangiare).
Queste muffe vengono aggiunte al latte prima della coagulazione oppure spruzzate sopra le forme che vengono poi lasciate a maturare per diverse settimane. Anche in questo caso i batteri giocano un ruolo essenziale nel creare l’aroma e la texture del formaggio, in collaborazione con le muffe.
Tra i batteri che possono crescere in questi formaggi, come il Camembert, c’è Brevibacterium linens, che è presente anche sulla nostra pelle e che è il responsabile della produzione di molecole fortemente odorose.
Chissà come mai, nella nostra mente, queste sostanze odorose vengono percepite in modo diverso se provengono da un formaggio invitante o dai piedi di una persona? Siamo proprio dei tipi strani!
In conclusione di questo articolo, potevo lasciarvi senza una fotografia fatta al microscopio? Ovvio che no! Ho voluto dare un’occhiata alla muffa che ho trovato sulla crosta del Taleggio, uno dei miei formaggi preferiti.
Nel processo di produzione del taleggio le muffe non sono inoculate volontariamente nella forma, ma crescono spontaneamente sulla sua superficie. I generi più comuni sono Penicillium, Mucor e Geotrichum. La loro presenza sopra o dentro la pasta del formaggio è accettata in quanto sono muffe non tossiche, e la loro quantità viene monitorata in modo da garantire sempre prodotti di qualità.
Quindi, abbiamo visto che non tutte le muffe sono negative, non tutte sono da associare a cibi non commestibili e, quindi, da evitare. Alcune, anzi, sono nostre preziose alleate per la produzione di prodotti tipici come i formaggi erborinati e quelli a crosta fiorita, veri capolavori protetti da certificazioni che ne garantiscono l’origine e la qualità, e che il resto del mondo ci invidia.
Fonti:
Lecocq J. e Gueguen M., Effects of pH and Sodium Chloride on the Interactions Between Geotrichum candidum and Brevibacterium linens, Journal of Dairy Science, 1994, 77 (10), 2890-2899, DOI:10.3168/jds.S0022-0302(94)77229-5.
Deetae P. et al., Production of volatile aroma compounds by bacterial strains isolated from different surface-ripened French cheeses, Appl. Microbiol. Biotechnol., 2007, 76 (5), 1161–71, DOI:10.1007/s00253-007-1095-5
Cantor, M. D. et al., Blue cheese. Cheese: Chemistry, Physics and Microbiology, 2004, 175–198, DOI:10.1016/S1874-558X(04)80044-7
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