Purtroppo si tratta di un’esperienza comune: ci si sveglia al mattino e, nonostante ci si sia lavati accuratamente i denti la sera prima, l’alito ha un odore sgradevole. Gli inglesi hanno coniato un termine specifico per questa condizione, morning breath.

Non è trascuratezza e se possiamo escludere problemi di salute, è una semplice conseguenza del naturale equilibrio biologico della nostra bocca. Durante la notte, infatti, cambiano profondamente le condizioni ambientali del cavo orale, e questi cambiamenti favoriscono processi che portano alla produzione di sostanze che purtroppo sono maleodoranti, principalmente contenenti zolfo.

Uno dei fattori principali è la riduzione del flusso salivare. Quando siamo svegli, la saliva svolge una funzione continua di detersione, lubrificazione e controllo del pH. Essa contiene enzimi e proteine con attività antimicrobica, che limitano la crescita batterica. Ma durante il sonno, la produzione di saliva cala drasticamente. Il risultato è un ambiente più secco e meno ossigenato, che favorisce la proliferazione di specifici batteri anaerobi, cioè batteri che prosperano in condizioni dove l’ossigeno è scarso.

Questi microrganismi si nutrono principalmente delle proteine presenti nei residui di cibo, nelle cellule epiteliali esfoliate e nella saliva stessa. In particolare, degradano aminoacidi contenenti zolfo, come la cisteina e la metionina, attraverso processi di fermentazione proteolitica.

Il risultato di questa attività metabolica è la produzione di una serie di molecole denominate composti solforati volatili, responsabili del tipico odore sgradevole dell’alito al risveglio. Le principali sostanze coinvolte sono tre.

Il solfuro di idrogeno (H₂S) è una molecola semplice ma molto volatile, con un odore che ricorda quello delle uova marce. È prodotto dalla rottura della cisteina e di altre proteine contenenti gruppi tiolici. Ha un’elevata capacità di diffondersi nell’aria e viene percepito con estrema facilità anche a concentrazioni molto basse.

Il metilmercaptano (CH₃SH) è un composto organico ancora più pungente, dal caratteristico odore di cavolo marcio o aglio. È generato soprattutto dalla degradazione della metionina, un amminoacido solforato presente in abbondanza nei tessuti e nella saliva. Questo composto ha un impatto significativo non solo sull’odore dell’alito, ma anche sulla percezione complessiva della freschezza orale.

Il dimetilsolfuro ((CH₃)₂S) è meno concentrato rispetto agli altri due, ma più persistente. Ha un odore dolciastro e sgradevole e si forma anch’esso dalla degradazione di aminoacidi solforati. A differenza degli altri composti, è più lipofilo, tende a diffondersi nel sangue e può contribuire all’alito cattivo anche a distanza di tempo, attraverso l’espirazione polmonare.

Queste molecole sono caratterizzate da un’elevata volatilità e da soglie olfattive molto basse, il che significa che il nostro naso le rileva anche in quantità estremamente ridotte. Nonostante la loro leggerezza, la loro presenza è sufficiente a rendere l’alito mattutino sgradevole e facilmente percepibile.

Il loro accumulo dipende da vari fattori, tra cui il grado di secchezza orale, la composizione del microbiota della bocca, l’igiene dentale, lo stato delle gengive e la presenza di placca. In assenza di saliva, che normalmente aiuta a diluire e rimuovere queste sostanze, i composti solforati persistono e si concentrano, rendendo l’alito più intenso e fastidioso al mattino.

La quantità di questi composti può aumentare sensibilmente se si dorme con la bocca aperta, si russa o si ha il naso chiuso. In tutti questi casi, la bocca si secca ulteriormente, riducendo ancora di più il flusso salivare e permettendo ai batteri anaerobi di lavorare indisturbati per tutta la notte.

Anche se questo fenomeno è fisiologico, ci sono alcune strategie utili per contenerlo. L’igiene serale resta fondamentale, ma non sufficiente. È importante rimuovere eventuali residui di cibo anche nelle zone meno accessibili, come gli spazi interdentali e la superficie della lingua, che è uno dei principali serbatoi di batteri e composti solforati. Bere un po’ d’acqua prima di andare a dormire può aiutare a mantenere un livello minimo di idratazione. In alcuni casi, può essere utile anche l’uso di collutori specifici, ma solo se sono consigliati da un professionista.

Diverso discorso va fatto per altri tipi di alitosi (e che coinvolgono molecole maleodoranti diverse). Ad esempio, se l’alitosi è legata ad una patologia persiste nel corso della giornata e non si risolve con una corretta igiene orale. In questi casi, la causa può essere locale, come una gengivite cronica, una parodontite, carie profonde o una scarsa pulizia della lingua, dove si accumulano batteri e materiali organici. Ma può anche avere origini sistemiche: alcune patologie gastrointestinali, respiratorie, metaboliche o epatiche possono influenzare l’alito attraverso la produzione o l’accumulo di sostanze volatili che vengono eliminate con la respirazione.

Esiste infine una forma di alitosi legata all’ingestione di determinati cibi ricchi di composti odorosi. L’aglio, la cipolla, alcune spezie o il pesce possono rilasciare sostanze che vengono assorbite a livello intestinale, metabolizzate nel fegato e poi eliminate anche attraverso i polmoni o il sudore. Questo tipo di alitosi può manifestarsi anche ore dopo l’ingestione, ed è meno legata ai batteri orali e più…al cattivo odore delle molecole stesse che ingeriamo.

Ci sono poi situazioni particolari, come il digiuno prolungato o diete ricche di proteine e povere di carboidrati, che possono favorire una condizione chiamata chetosi. In questo caso, l’organismo produce i cosiddetti “corpi chetonici” (come l’acetone), che conferiscono all’alito un odore dolciastro e pungente, diverso da quello solforato prodotto.

Il cosiddetto “alito del mattino” non è quindi per forza un segnale di cattiva igiene, ma un effetto temporaneo e spiegabile delle condizioni fisiologiche notturne. Comprenderne i meccanismi permette di affrontarlo con realismo, senza eccessivi allarmismi, ma con qualche accorgimento in più.

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