Quando si parla di benessere intestinale, spesso si fa confusione tra probiotici e prebiotici. Entrambi sono fondamentali per la salute del nostro microbiota, ma svolgono funzioni distinte e complementari. Capire come agiscono e perché è utile assumerli insieme può fare davvero la differenza.
I probiotici: vivi ma fragili
I probiotici, per definizione, sono microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono un beneficio alla salute dell’ospite” (FAO/WHO, 2001). Si trovano in alcuni alimenti fermentati, come lo yogurt o il kefir, oppure sotto forma di integratori. Sebbene possano contribuire transitoriamente alla composizione del microbiota intestinale, la loro efficacia dipende da diversi fattori, tra cui la resistenza al passaggio gastrointestinale.
Infatti, tra le caratteristiche più indagate dei probiotici vi è la loro capacità di sopravvivere al transito attraverso il tratto gastrointestinale. Una volta ingeriti, questi microrganismi devono superare l’ambiente altamente acido dello stomaco e la presenza di enzimi digestivi, che rappresentano barriere fisiologiche estremamente selettive e possono compromettere la vitalità di una parte significativa delle cellule probiotiche. Anche qualora riescano a raggiungere l’intestino, i probiotici devono competere con la comunità microbica residente, ben adattata e altamente specializzata: in molti casi, i nuovi ceppi introdotti vengono eliminati nel giro di breve tempo, limitando la durata della loro colonizzazione all’interno dell’intestino.
Per essere davvero efficaci, i probiotici quindi devono:
- essere assunti in quantità adeguate (almeno un miliardo di cellule vive al giorno);
- appartenere a ceppi selezionati e resistenti al passaggio gastrointestinale;
- essere integrati nella dieta per un periodo sufficiente (almeno di 3–4 settimane).
È importante sapere che i fermenti lattici contenuti nello yogurt, pur essendo vivi, non rispondono ai criteri di definizione regolatoria dei probiotici. Tuttavia, possono comunque contribuire al benessere generale dell’organismo.
I prebiotici: il nutrimento per i nostri batteri
A differenza dei probiotici, i prebiotici non sono microrganismi, ma sostanze non digeribili – generalmente fibre alimentari – che fungono da nutrimento selettivo per i batteri benefici del microbiota intestinale.
In altre parole, mentre i probiotici introducono “nuovi abitanti”, i prebiotici nutrono quelli che ci sono già, contribuendo a mantenere un equilibrio microbico stabile e duraturo. Ecco perché i prebiotici sono considerati una strategia nutrizionale più sostenibile nel lungo periodo.
Ma cosa mangiano i nostri batteri intestinali? La risposta è semplice: fibra. Anche se il nostro organismo non la digerisce, è fondamentale assumerla perché rappresenta il carburante principale per il microbiota.
Gli alimenti ricchi di prebiotici includono:
- frutta;
- verdura;
- legumi;
- cereali integrali.
Un esempio virtuoso? La soia fermentata, che contiene sia microrganismi vivi che prebiotici, unendo in un solo alimento i benefici di entrambi. Questo alimento tradizionale, diffuso soprattutto nella cucina asiatica sotto forme come il miso, il tempeh e il natto, è una miniera di benefici per il microbiota intestinale.
Durante il processo di fermentazione, i microrganismi trasformano i nutrienti presenti nella soia, rendendoli più digeribili e arricchendo l’alimento di batteri vivi, capaci – in alcuni casi – di raggiungere l’intestino e contribuire alla diversità del microbiota. Allo stesso tempo, la soia è naturalmente ricca di fibre e oligosaccaridi: componenti che agiscono come prebiotici, cioè che nutrono selettivamente i batteri benefici già presenti nell’intestino.
Questa doppia azione rende la soia fermentata un alimento particolarmente interessante per chi vuole sostenere la propria salute intestinale in modo naturale. Non solo apporta nuovi batteri benefici, ma fornisce loro anche il “carburante” per attecchire e proliferare. Inoltre, i prodotti a base di soia fermentata contengono anche enzimi attivi, peptidi bioattivi e antiossidanti, che possono contribuire a ridurre l’infiammazione e migliorare l’assorbimento dei nutrienti.
Introdurre la soia fermentata nella dieta è semplice e versatile: si può aggiungere il miso alle zuppe, usare il tempeh come alternativa vegetale alle proteine animali, oppure sperimentare il natto, particolarmente apprezzato in Giappone
Perché usarli insieme?
Probiotici e prebiotici lavorano in sinergia. Agiscono in modo diverso, ma complementare. I probiotici introducono nuovi microrganismi vivi, i cosiddetti “batteri buoni”, mentre i prebiotici forniscono il nutrimento necessario affinché questi microrganismi – insieme a quelli già presenti – possano sopravvivere, crescere e svolgere al meglio la loro funzione.
Questa sinergia è fondamentale per massimizzare i benefici di entrambi. Immaginiamo di piantare un seme (il probiotico) in un terreno sterile e arido: farà molta fatica a germogliare, se non avrà nutrimento (il prebiotico). Lo stesso vale per i batteri: se introduciamo nuovi ceppi nell’intestino senza fornire loro l’ambiente adatto in cui prosperare, il loro impatto sarà minimo e di breve durata.
È proprio per questo che la combinazione dei due è oggi considerata una strategia efficace e sempre più diffusa nel campo dell’integrazione alimentare e della nutrizione funzionale. Si va quindi a creare un ambiente favorevole all’insediamento e alla crescita dei nuovi microrganismi introdotti. Questo approccio migliora l’equilibrio del microbiota intestinale in modo più profondo e duraturo rispetto all’assunzione isolata di uno solo dei due.
Inoltre, l’uso combinato può amplificare una serie di benefici: miglioramento della digestione, supporto al sistema immunitario, riduzione dei disturbi intestinali (come gonfiore, stitichezza o diarrea), e persino un possibile effetto positivo sul tono dell’umore, grazie al collegamento tra intestino e cervello.


